venerdì 13 dicembre 2013

IL CINEFORUM DELLA III C: "INVICTUS" IN MEMORIA DI NELSON MANDELA

Il 5 dicembre scorso, si è spento a Johannesburg Nelson Madiba Mandela, leader del movimento anti-apartheid che nel 1990 portò all'eliminazione di quest'ultima e ciò permise a Mandela di salire al potere come Presidente del Sudafrica. Mandela viene spesso ricordato col nome "Madiba" col quale era conosciuto nel suo clan. Per sostenere la lotta contro le discriminazioni e i soprusi dei bianchi verso i neri, Mandela appoggiò la lotta armata e per questo fu arrestato e condannato a 27 anni di carcere dopo i quali salì al potere. Le sue azioni e la sua lotta per la libertà gli hanno fatto vincere il "Premio Nobel per la Pace" nel 1993. Anche a scuola, per non dimenticare questo grande uomo, abbiamo visto "Invictus" un film di Clint Eastwood che parla delle vicende avvenute nel mandato di Mandela. Il film è incentrato sul rugby e dimostra quanto sia vero che "Lo sport unisce le persone" infatti, per dare il colpo di grazia all'apartheid, Mandela si serve dei "Campionati Mondiali Di Rugby" che il Sudafrica  ha ospitato nel 1995. Nel film Mandela  (interpretato da Morgan Freeman) incoraggerà la sfortunata nazionale di rugby sudafricana (gli Springboks) a non mollare mai e, facendo leggere al capitano della squadra una poesia, porterà il Sudafrica ad una (miracolosa) vittoria in una finale al cardiopalma contro i leggendari "All Blacks". La citazione preferita di Mandela nel film esiste davvero ed è di Henley e dice: "Sono il padrone del mio destino, il capitano della mia anima".        
                         (post a cura di Francesco Giardino)

La frase "Io sono il padrone del mio destino, il capitano della mia anima" mi ha fatto riflettere pensando che il destino dobbiamo costruirlo noi, agendo nel modo più giusto che riteniamo, non facendoci influenzare dalle altre persone o da quello che accade intorno a noi. Siamo tutti uguali, abbiamo tutti diritto allo stesso rispetto, abbiamo tutti pari dignità e valore indipendentemente dalla razza, siamo i capitani di quello che abbiamo o che ci appartiene. Se è necessario bisogna lottare per ciò che è proprio ma senza ricorrere alla violenza.
                    (post a cura del  Alfredo Consiglio)


mercoledì 11 dicembre 2013

E SE L'EMIGRANTE FOSSI IO?

Oggi è un giorno come tanti, sempre in cerca di un lavoro, sempre con la speranza di ricevere una telefonata per un colloquio. Ogni sera vado a dormire sempre con lo stesso pensiero, ma adesso veramente non ce la faccio più a restare qui . Non ce la faccio più a vivere con la speranza di una telefonata. Farei di tutto, sul serio, fare la badante a un vecchio o le pulizie in una casa, per portare un po' di soldi a casa, ma qui nel mio paese non riesco a trovare nessun lavoro. E poi non sono sola, non devo badare solo a me stessa: con me c'è mia sorella di 5 anni Carol, vorrei avere un lavoro anche per farle vivere una vita migliore di quella che ha avuto fino ad ora che è stata sempre misera e senza felicità. Ma adesso, veramente, non c'è niente da fare, devo per forza partire. Il viaggio mi fa paura ma ho preparato tutte le nostre cose e a malincuore lascerò la nostra casa. Non ci credo ancora, non riesco a farmi capace di quello che sta succedendo, non avrei mai pensato di andarmene da qui, dove vedevo il mio futuro: è qui che sono nata e dove volevo vivere. 
Sono partita, per tutto il viaggio non ho fatto altro che pensare se ho sbagliato a lasciare lì tutto, la mia famiglia,le mie cose, ma soprattutto la mia infanzia.
- E se non ce la farò? E se non mi troverò bene neanche lì? E' stato tutto troppo affrettato? -
Per tutto il viaggio non sono riuscita a  pensare a nient'altro che a questo. Arrivata a destinazione, mi sono sentita davvero spaesata, la gente che corre di qua e là, non so da dove iniziare, dove devo andare. E' una grande città rispetto a dove vivevo io, la gente mi guarda fissa e mi sento davvero una straniera in questa terra. Fortunatamente qui c'è un'amica che mi indica un posto dove stare e lì, solo in quel momento, ho capito che era iniziata la mia avventura.
Ho subito cercato lavoro chiedendo a chiunque di darmi una mano nei negozi. Neanche qui c'è molta scelta, ma almeno si riesce a trovare qualcosa, non mi faccio problemi, il primo lavoro che riuscirò a trovare, lo coglierò al volo senza pensarci due volte. 
Un pomeriggio dopo l'altro, sempre imperterrita a cercare, e niente...
La volontaria dell'associazione che si occupa di noi emigranti mi dice che una ditta di pulizie sta cercando una collaboratrice domestica. I miei occhi hanno iniziato a brillare, davvero non riesco a crederci, dopo tutti questi giorni a cercare, senza neanche un minuto di riposo e adesso con una semplice frase la mia vita cambierà. 
Devo dire che non è stato per niente facile, ma almeno adesso ho un po' di speranza, adesso solo ora ho voglia di vivere.  Anche se so che la mia vita non sarà mai come quella degli altri, non mi sentirò mai del tutto accettata. Secondo me se non ci vogliono, ma se preferiscono che noi restiamo nei nostri paesi, la prima cosa che dovrebbero fare è aiutarci nel nostro, così non saremmo costretti a lasciare tutto e potremmo restare nella nostra città e vivere una vita migliore con la nostra gente. Poi ci penso e dico: - Ma non è più bello un mondo così, multicolore in cui si vive insieme senza pensare alle razze?
Sono passati un po' di anni e sto meglio, ho una famiglia e dei figli, purtroppo però non starò mai bene come nella mia amata città che porterò sempre nel cuore.
                                          (post a cura di Sara Giuliano)