martedì 3 novembre 2015

"LA FABBRICA DI CIOCCOLATO": LA STORIA

Questa è la storia di Charlie Bucket, un bambino molto povero ma felice, anche se deve dividere coi genitori e i quattro nonni una zuppa, vivere in una casa molto piccola e piena di spifferi, giocare con i tappi di dentifricio ed avere una sola tavoletta di cioccolato l'anno, in occasione del suo compleanno. La sua casa si trova vicino alla grande fabbrica di cioccolato Wonka chiusa da tempo. Il nonno di Charlie, Joe, gli racconta di quando la fabbrica era ancora aperta e lui lavorava lì sotto il comando di Willy Wonka, che un giorno decise di chiudere la fabbrica. Da quel giorno nessuno ebbe più notizie del proprietario, infatti i cancelli erano sempre chiusi, tranne quando i camion Wonka andavano a ritirare alla fabbrica le tavolette di cioccolato da vendere. Charlie però è curioso di capire come sia possibile che, se nessuno lavora nella fabbrica, si possa continuare a produrre cioccolato. 
Grazie a un concorso indetto dal misterioso proprietario, si apre la possibilità di entrare nella fabbrica per cinque fortunati che troveranno il biglietto d'oro nella loro tavoletta di cioccolato, ma uno solo alla fine della visita riceverà in dono una quantità enorme di dolciumi. Charlie riceve, come al solito, per il suo compleanno una tavoletta di cioccolato, ma non trova nulla. Anche nella seconda, che gli viene regalata ,con l'ultimo soldino, da nonno Joe non trova nulla; ma poi, quando ha perso tutte le speranze, il piccolo trova nella neve 10 dollari e, comprata una supertavoletta, trova il biglietto. Il giorno seguente, con nonno Joe,  si reca alla fabbrica dove incontra gli altri quattro fortunati bambini. Sono: Augustus, un bambino molto grasso che mangia continuamente cioccolato; Veruca, figlia di un industriale che confeziona noccioline; Violetta, una bambina che mastica tutto il giorno chewing-gum; Mike, che guarda la televisione tutto il giorno. 
Quando si apre il cancello della fabbrica il proprietario, un ometto straordinario, saluta allegramente i vincitori e i loro accompagnatori e li fa entrare. All’interno si sentono tutti gli odori più piacevoli del mondo e c’è un bel calduccio perché gli operai non sopportano il freddo. 
Il signor Wonka li porta subito nella stanza della cioccolata: è un luogo stupefacente, una bellissima valle con prati verdi, e a fondovalle scorre un fiume di cioccolato fuso, attraversato da tubi di vetro che ogni tanto si abbassano per prelevare cioccolato e portarlo nelle altre stanze della fabbrica. Ad un certo punto spuntano, dall’altra sponda del fiume, degli strani ometti, gli Umpa-Lumpa: sono loro i misteriosi operai che mandano avanti la fabbrica. Essi vengono dalla giungla di Lumpalandia e il signor Wonka li ha portati nella sua fabbrica offrendo loro da mangiare chicchi di cacao, il loro alimento principale, in cambio del loro lavoro. 
Ad un tratto Augustus cade nel fiume e viene risucchiato dai tubi. Così Willy Wonka chiama un Umpa-Lumpa e fa scortare la madre del ragazzo fino al laboratorio. Intanto gli altri proseguono la visita: il proprietario fischia tre volte e da lontano si vede sbucare una grande barca rosa, scavata una gigantesca caramella. Lungo il percorso imboccano un tunnel buio, che finisce nella stanza delle invenzioni. Lì dentro ci sono tutte le invenzioni ancora da perfezionare o da terminare. Una di queste è una gomma da masticare, che si può tranquillamente mangiare al posto del pranzo, perché contiene tre portate: zuppa, carne e torta. Violetta, la ragazzina che tiene sempre in bocca una cicca, prova ad assaggiarla e subito sente il sapore della zuppa, poi quello dell’arrosto infine quello della torta al mirtillo. I genitori sono felici perché la loro bambina sarebbe diventata famosa per aver assaggiato la prima “Gomma Pranzo” ma subito a Violetta diventa tutto il corpo blu, poi comincia a gonfiarsi e diventa rotonda come un gigantesco mirtillo. Subito arrivano dieci Umpa-Lumpa che la  fanno rotolare nella centrifuga per toglierle tutto il succo e per sgonfiarla. 
Wonka e i suoi ospiti ripartono subito, per andare nella stanza delle noci, dove lavorano centinaia di scoiattolini. La capricciosa Veruca ne vuole uno, perciò comincia a strillare e chiede al padre  di prenderle uno scoiattolo. Mentre questi discute con il signor Wonka, lei corre a prenderne uno, ma viene assalita da tutti gli altri piccoli roditori e viene buttata nell’enorme tubo che porta all’inceneritore, nel quale gli scoiattoli spingono anche la mamma e poi ci cade anche il padre. 
I cinque rimasti salgono nell’ascensore di cristallo, che non funziona come un normale ascensore, ma può andare anche di lato, di sopra, di sotto così da poter raggiungere  tutti i locali della fabbrica, ma  loro decidono di andare nella stanza del telecioccolato. Willy fa vedere a tutti la sua ultima invenzione, ancora da perfezionare, la quale può teletrasportare qualsiasi materiale, come una tavoletta di cioccolato dal televisore al luogo in cui si trova una certa persona e viceversa. Mike, che se ne intende di televisione, non crede a Willy Wonka e decide di provare se, oltre alle stecche di cioccolato, si possono teletrasmettere anche le persone. Si mette sul riflettore, schiaccia il telecomando e improvvisamente viene teletrasportato nel televisore, però è diventato piccolissimo e la sua voce si sente appena. La madre ordina al signor Wonka di far tornare di nuovo suo figlio com’era prima. Il signor Wonka decide di utilizzare una macchina speciale per farlo allungare e poi dargli un intruglio speciale per farlo ingrassare. Così la madre e Mike vengono accompagnati da un Umpa-Lumpa all’uscita. 
E' rimasto solo Charlie, che presto scopre di essere il vincitore; Willy si congratula con lui e lo fa salire sull’ascensore di cristallo con il nonno, poi preme il tasto “In su e fuori” e subito i tre vengono trasportati in alto, sfondando il soffitto della fabbrica e ritrovandosi sospesi per aria, fuori dalla fabbrica. Poi Wonka preme un altro bottone e l’ascensore si ferma, sospeso in aria. Dall’alto vedono tutta la città e i ragazzi che tornano a casa, ciascuno con il suo camion carico di dolciumi come era scritto sul biglietto. 
Willy Wonka dice a Charlie che vuole regalargli la fabbrica e appena sarà grande abbastanza potrà dirigerla.Charlie non crede alle sue orecchie. Era questo lo scopo segreto della visita: l’unico bambino vincitore avrebbe ricevuto in dono la fabbrica, perché il signor Wonka è ormai troppo vecchio per portare avanti tutto il lavoro da solo e vuole che a dirigerla non sia un adulto, ma un ragazzo buono, intelligente e affettuoso. Wonka  decide di far trasferire tutta la famiglia di Charlie nella fabbrica, così lui, Charlie e nonno Joe  vanno a prendere tutti con l’ascensore e ritornano insieme nella fabbrica.
(post e disegno a cura di Sara Gallo e Carmen Santoro - I C)

"LA FABBRICA DI CIOCCOLATO": ROALD DAHL


Roald Dahl, l'autore del libro "La fabbrica di cioccolato", nasce nel 1916 a Landaff -Cardiff da genitori norvegesi. L'infanzia del piccolo Roald è segnata dalla morte del padre quando lui aveva solo 4 anni e successivamente dalla rigida educazione ricevuta  nei collegi a cui viene affidato, sebbene la famiglia continui ad essere un’isola felice per lui, come racconterà più tardi nel suo libro “Boy”
 Nel 1939 scoppia la seconda guerra mondiale e Dahl si arruola nella Royal Air Force, dove ottiene  rapidamente il grado di tenente pilota, fino a quando un incidente aereo durante una missione gli causa prima il confinamento a terra e poi il trasferimento in patria da dove mancava da sette anni. Dopo un breve periodo di convalescenza è inviato all'ambasciata britannica a Washington, dove in segreto avrebbe dovuto fare propaganda e spionaggio .
Nel 1942 inizia la sua carriera di scrittore con un racconto per bambini,  “Shot Down Over Libya” ma  Il primo libro per bambini con cui riscuote maggior successo è “James e la pesca gigante”,  pubblicato nel 1961 e divenuto poi un film d’animazione nel 1996.
Nel 1953 sposa la nota attrice Patricia Neal dalla quale ha cinque figli: Olivia, Tessa, Theo, Ophelia e Lucy.
Tornato in Gran Bretagna Dahl acquista una vasta popolarità come scrittore per bambini e, negli anni Ottanta, grazie anche all'incoraggiamento della seconda moglie Felicity Ann d’Aubreu Crosland, sposata nel 1983, scrive le sue opere migliori: “Il GGG”, “Le streghe” e “Matilde”.  Altre grandi storie pubblicate dall'autore sono: “Gli sporcelli”, “La fabbrica di cioccolato” e “Il grande ascensore di cristallo” che ne rappresenta il seguito.
Per il cinema ha realizzato diverse sceneggiature, tra cui quelle dei  film “Agente 007 – Si vive solo due volte”, “Gremlins” e “Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato. 
Ritiratosi a Gipsy House, la sua grande casa di Great Missender insieme alla seconda moglie Lucy, ai figli e ai nipoti, muore il 23 novembre 1990 di leucemia all'età di 74 anni. 
                      (post a cura di Francesca Pia Margarita - I C)

SIAMO TORNATI!!!

Eccoci qui: siamo i ragazzi della I C e della II E della"Monterisi" e, come hanno fatto altri compagni prima di noi, pubblicheremo in questo blog i nostri lavori: ricerche, temi, relazioni, resoconti di qualunque esperienza che ci sia sembrata interessante e che ci fa piacere condividere con chi ci vorrà seguire... Cominciamo subito!

giovedì 13 febbraio 2014

IL CINEFORUM DELLA III C: "IL GRANDE DITTATORE" DI CHARLIE CHAPLIN



Lunedì a scuola ho visto un film "Il Grande Dittatore" di Charlie Chaplin girato nel 1940 durante la seconda guerra mondiale. A me questo film è piaciuto molto, come tutti gli altri del resto. E' stato un film davvero bello, divertente e un po' triste. Questo film è la  parodia di Hitler durante il dominio della potenza nazista in Europa. L'interpretazione di Charlot è sublime tanto da riuscire a raccontare la figura di Hitler come una persona cattiva, ma anche ridicola e sciocca. L'intenzione del regista Chaplin è quella di trasformare il tema in una pungente satira contro il nazismo e riesce a rappresentare la verità in maniera comica, mantenendo allo stesso tempo l'aspetto realistico e storico della dittatura nazista. La parte più bella è il celebre monologo detto "il discorso dell'umanità", nel quale il barbiere, nei panni di Hitler, parlando al popolo tedesco, proclama la necessità dell'amore verso tutti, ebrei, uomini neri e bambini, e dice che l'avidità, l'odio, lo sfruttamento, il disprezzo sono solo mali passeggeri, mentre in futuro la libertà, l'amore, la speranza, la felicità e la democrazia torneranno nel nome di Dio . 
Secondo me questo film racconta ciò che si è realmente vissuto in quei tempi, ma il tutto è raccontato in maniera comica e comprensibile per tutti: non è un caso se questo fìlm è considerato un capolavoro cinematografico mondiale.
                                           (post a cura di Gaia Pullo)

martedì 21 gennaio 2014

IL GIORNO DELLA MEMORIA, "SCHINDLER'S LIST" E IL MUSEO DELLO SBARCO

Il ventisette Gennaio si commemora la liberazione degli Ebrei e degli altri deportati dal campo di concentramento di Auschwitz da parte dei soldati sovietici e nelle scuole si leggono brani e testimonianze  di quel tragico periodo e si programma la visione di film che trattano della Shoah. Anche io, insieme ai miei compagni, ho visto il film "Schindler's list" che con le sue immagini in bianco e nero ha fatto capire a tutti noi quanto dolore e quanta disperazione fosse presente nell'animo non solo dei deportati ma anche dei sopravvissuti. 
Un'altra esperienza suggestiva è stata la visita al "Museo dello sbarco" di Salerno, dove si trovano cimeli di guerra, documenti scritti, giornali d'epoca, bombe disinnescate, divise militari e perfino uno dei vagoni utilizzati per i treni utilizzati per la deportazione degli Ebrei ad Auschwitz.
Tutte queste testimonianze mi hanno messo in contatto diretto con una realtà che conoscevo solo attraverso film e televisione e che mai avrei potuto immaginare. Mi sono chiesta come sia stato possibile deportare ed uccidere sei milioni di persone con la sola "colpa" di essere nate ebree. In effetti le responsabilità non sono solo dei fascisti e dei nazisti, ma di molte persone che, magari consapevoli di quello che stava accadendo, non hanno fatto nulla per fermarli.
Dobbiamo stare attenti a tutte quelle forme di pregiudizio e di razzismo che ancora oggi ci sono nella nostra società! Dobbiamo stare attenti, perché il male non è solo degli altri, ma in ciascuno di noi: ciò che è avvenuto allora, non deve accadere mai più.
                               (post a cura di Ivana Rombi)







venerdì 13 dicembre 2013

IL CINEFORUM DELLA III C: "INVICTUS" IN MEMORIA DI NELSON MANDELA

Il 5 dicembre scorso, si è spento a Johannesburg Nelson Madiba Mandela, leader del movimento anti-apartheid che nel 1990 portò all'eliminazione di quest'ultima e ciò permise a Mandela di salire al potere come Presidente del Sudafrica. Mandela viene spesso ricordato col nome "Madiba" col quale era conosciuto nel suo clan. Per sostenere la lotta contro le discriminazioni e i soprusi dei bianchi verso i neri, Mandela appoggiò la lotta armata e per questo fu arrestato e condannato a 27 anni di carcere dopo i quali salì al potere. Le sue azioni e la sua lotta per la libertà gli hanno fatto vincere il "Premio Nobel per la Pace" nel 1993. Anche a scuola, per non dimenticare questo grande uomo, abbiamo visto "Invictus" un film di Clint Eastwood che parla delle vicende avvenute nel mandato di Mandela. Il film è incentrato sul rugby e dimostra quanto sia vero che "Lo sport unisce le persone" infatti, per dare il colpo di grazia all'apartheid, Mandela si serve dei "Campionati Mondiali Di Rugby" che il Sudafrica  ha ospitato nel 1995. Nel film Mandela  (interpretato da Morgan Freeman) incoraggerà la sfortunata nazionale di rugby sudafricana (gli Springboks) a non mollare mai e, facendo leggere al capitano della squadra una poesia, porterà il Sudafrica ad una (miracolosa) vittoria in una finale al cardiopalma contro i leggendari "All Blacks". La citazione preferita di Mandela nel film esiste davvero ed è di Henley e dice: "Sono il padrone del mio destino, il capitano della mia anima".        
                         (post a cura di Francesco Giardino)

La frase "Io sono il padrone del mio destino, il capitano della mia anima" mi ha fatto riflettere pensando che il destino dobbiamo costruirlo noi, agendo nel modo più giusto che riteniamo, non facendoci influenzare dalle altre persone o da quello che accade intorno a noi. Siamo tutti uguali, abbiamo tutti diritto allo stesso rispetto, abbiamo tutti pari dignità e valore indipendentemente dalla razza, siamo i capitani di quello che abbiamo o che ci appartiene. Se è necessario bisogna lottare per ciò che è proprio ma senza ricorrere alla violenza.
                    (post a cura del  Alfredo Consiglio)


mercoledì 11 dicembre 2013

E SE L'EMIGRANTE FOSSI IO?

Oggi è un giorno come tanti, sempre in cerca di un lavoro, sempre con la speranza di ricevere una telefonata per un colloquio. Ogni sera vado a dormire sempre con lo stesso pensiero, ma adesso veramente non ce la faccio più a restare qui . Non ce la faccio più a vivere con la speranza di una telefonata. Farei di tutto, sul serio, fare la badante a un vecchio o le pulizie in una casa, per portare un po' di soldi a casa, ma qui nel mio paese non riesco a trovare nessun lavoro. E poi non sono sola, non devo badare solo a me stessa: con me c'è mia sorella di 5 anni Carol, vorrei avere un lavoro anche per farle vivere una vita migliore di quella che ha avuto fino ad ora che è stata sempre misera e senza felicità. Ma adesso, veramente, non c'è niente da fare, devo per forza partire. Il viaggio mi fa paura ma ho preparato tutte le nostre cose e a malincuore lascerò la nostra casa. Non ci credo ancora, non riesco a farmi capace di quello che sta succedendo, non avrei mai pensato di andarmene da qui, dove vedevo il mio futuro: è qui che sono nata e dove volevo vivere. 
Sono partita, per tutto il viaggio non ho fatto altro che pensare se ho sbagliato a lasciare lì tutto, la mia famiglia,le mie cose, ma soprattutto la mia infanzia.
- E se non ce la farò? E se non mi troverò bene neanche lì? E' stato tutto troppo affrettato? -
Per tutto il viaggio non sono riuscita a  pensare a nient'altro che a questo. Arrivata a destinazione, mi sono sentita davvero spaesata, la gente che corre di qua e là, non so da dove iniziare, dove devo andare. E' una grande città rispetto a dove vivevo io, la gente mi guarda fissa e mi sento davvero una straniera in questa terra. Fortunatamente qui c'è un'amica che mi indica un posto dove stare e lì, solo in quel momento, ho capito che era iniziata la mia avventura.
Ho subito cercato lavoro chiedendo a chiunque di darmi una mano nei negozi. Neanche qui c'è molta scelta, ma almeno si riesce a trovare qualcosa, non mi faccio problemi, il primo lavoro che riuscirò a trovare, lo coglierò al volo senza pensarci due volte. 
Un pomeriggio dopo l'altro, sempre imperterrita a cercare, e niente...
La volontaria dell'associazione che si occupa di noi emigranti mi dice che una ditta di pulizie sta cercando una collaboratrice domestica. I miei occhi hanno iniziato a brillare, davvero non riesco a crederci, dopo tutti questi giorni a cercare, senza neanche un minuto di riposo e adesso con una semplice frase la mia vita cambierà. 
Devo dire che non è stato per niente facile, ma almeno adesso ho un po' di speranza, adesso solo ora ho voglia di vivere.  Anche se so che la mia vita non sarà mai come quella degli altri, non mi sentirò mai del tutto accettata. Secondo me se non ci vogliono, ma se preferiscono che noi restiamo nei nostri paesi, la prima cosa che dovrebbero fare è aiutarci nel nostro, così non saremmo costretti a lasciare tutto e potremmo restare nella nostra città e vivere una vita migliore con la nostra gente. Poi ci penso e dico: - Ma non è più bello un mondo così, multicolore in cui si vive insieme senza pensare alle razze?
Sono passati un po' di anni e sto meglio, ho una famiglia e dei figli, purtroppo però non starò mai bene come nella mia amata città che porterò sempre nel cuore.
                                          (post a cura di Sara Giuliano)